GUIDA VOCABOLARIO per facilitare la lettura e la scrittura del dialetto sansostenese-davolese…

e la relativa consultazione del vocabolario.

Email ricevuta trasmessa dal Cav. Gregorino Capano.

Egregio Signor Barbalace, sono desideroso (come studioso del nostro dialetto), inviarLe la "guida" che ho allegato al mio vocabolario pubblicato il 21 settembre scorso, il contenuto di questo breve scritto, elimina molti dubbi. La prima parola che mi ha colpito nel vostro sito è stata: l'anticu dicìia. Non è corretto scrivere così, è giusto scrivere: "l'anticu dicìa". Premetto che questa mia puntualizzazione non deriva dalla mia presunzione ma da un lungo studio effettuato sul nostro dialetto. Spero che questo allegato sia utile allo scopo di infondere nei nostri calabresi una corretta interpretazione e scrittura del nostro dialetto.
Comunico che il vocabolario San Sostene-Davoli si trova in vendita a Davoli Marina (CZ) presso l'Edicola di Santina Viscomi ed alla libreria In-Contro delle Donne di Soverato oppure presso la mia residenza di Trento, via Paludi, 28.
Invio i più prosperosi saluti a Lei, al Direttivo e famiglia, da Gregorino cav. Capano.



LA GUIDA:

Il presente vocabolario, presenta numero 23.500 vocaboli compreso di brevi battute, in esso potrebbe mancare qualche parola a me sconosciuta, pregherei dai lettori la massima collaborazione per la completa e corretta diffusione del presente vocabolario, collaborando ed inviando sul sito di San Sostene ulteriore materiale per perfezionare questo piccolo volume che servirà a tenere vivo il nostro dialetto in quanto è una nostra ricchezza culturale.

Faccio presente che nel nostro dialetto, non esiste il verbo del futuro semplice, ciò dipende dalle nostre origini greche nella cui grammatica tale verbo non è contemplato. Raramente la “F” si presenta nella sua corretta pronuncia ed in dialetto viene sostituita dalla “H”, es. harìna anziché farina e Stèhanu anziché Stefano. Se ci fosse la lettera “F” esempio: cosa fai? In questo caso la effe viene raddoppiata: chi ffai? Ci sono tante eccezioni alle quali sono pronto a dare spiegazioni. Provo ad elencarne alcune es: zoccolo che normalmente inizia con una “Z”, in dialetto inizia con due “ZZ”(zzòcculu), ebbrèu che in italiano si scrive con una “B”, in dialetto si scrive con due “BB”, queste parole in dialetto vengono pronunciate dall’accento molto marcato. In Calabria viene usata moltissimo la “J”, nella lingua italiana la troviamo solo due volte: Jonio (ora in disuso) e Juventus.

Allo stato attuale si nota qualche cognome con la “J” ma col passare del tempo e grazie agli immigrati, troveremo molti cognomi e nomi con la “J”. Altro particolare importante sono le vocali, alla fine di ogni vocabolo dialettale, vanno incluse solo le: A, I ed U; le vocali E ed O non vanno mai riportate alla fine delle parole a meno che queste ultime vocali non siano accentate. Altra eccezione particolare è la pronuncia di hijuhhijàlòru (soffietto di canna per tenere vivo il fuoco), la I che precede la J deve essere pronunciata con accento marcato in quanto tale cadenza discende dalla lingua araba, se una di queste vocali mancasse, la pronuncia sarebbe dolce e quindi errata.

Altra eccezione è la “J” che viene posta in sostituzione della “I” in alcune frasi es. pigghjàra di pigliare o prendere, Pigghjàta=Via Crucis, la J va inclusa al posto della I, perché pronunciata in forma dialettale, altrimenti sarebbe pronunciata in italiano. Cogghju – raccolgo, cogghjìu – raccolse. Altra eccezione molto interessante è: CURRUGGIGGHJ che alcuni disconoscono questo frutto o verdura selvatica che veniva raccolta nei campi e mangiata sul posto, era considerata il pisello dei poveri o meglio dire in dialetto “u posìdru”; un altro particolare importante è la terza persona singolare del verbo “fare” dove la parola “fa” in dialetto bisogna scriverla con”hà”, l’accento sulla “à” va riportata così per evitare di confonderla con la terza persone singolare del verbo avere “ha”. Altro particolare importante è la sostituzione della “z” con la lettera “s” esempio in dialetto “penzàra” mentre in italiano “pensare”. Altro esempio particolare è: on bola – non vuole, se pronunciassi cosa vuole, in dialetto devo scrivere: chi bbòla, non valeva=on balìa, non so = on zzàcciu, non sei=on zi, non sono=on zugnu, cosa tengo = chi ttègnu, cosa faccio = chi ffazzu, insieme = nzema. La parola gghjègghjaru proviene dal significato: colui che parlava in modo incomprensibile, perché straniero, ora tale termine in italiano significa: balbuziente. Abbiamo la città di Catanzaro che è composta dalla parola greca Kata e dalla parola araba nzaro, quindi kata-nzaro che significa: in alto, il fiume Sciarapòtamu è composto dall’arabo sciara e dal greco potamo. Tanti paesi ed altrettanti fiumi sono composti dalla lingua araba e greca. Dico questo perché è ovvio ed anche storico che il nostro dialetto, ed anche il nostro accento ha delle cadenze arabe e greche. Se avete notato, nel nostro dialetto sono mancanti i verbi futuro semplice e futuro anteriore, ciò è dovuto perché nella letteratura greca questi due verbi non esistono. Il presente vocabolario ho voluto renderlo facile e snello coniugando alcune parole con i relativi verbi. Desidero ricordare che le preposizioni semplici: tra e fra in dialetto si identificano in solo “tra”. Debbo premettere che questa cultura del dialetto sansostenese e davolese l’ho acquisita all’età di 11 anni frequentando la 6^ post-elementare, che per la prima volta era stata istituita in San Sostene; essendo troppo giovane, mia madre mi volle tenere al paese ancora un anno prima di inviarmi alle scuole avviamento tipo industriale di Sant’Andrea Marina. La scuola post-elementare ricordo che si svolgeva al piano terra dell’abitazione del compianto prof. Salvatore Capano ed egli stesso era il nostro insegnante nella quale studiavamo la scrittura del nostro dialetto, nonché la storia di San Sostene ed alcune sue leggende. E’ stata sempre mia intenzione istituire un vocabolario semplice, moderno e comprensibile in: sansostenese e davolese, italiano. In me è sempre rimasto questo ricordo del dialetto, ho scritto alcune poesie ed ho rivisto in modo corretto l’interpretazione e la scrittura del nostro dialetto “sanzostàru” e “davulisi” mediante minuziose ricerche e studio. In attesa di una vostra completa collaborazione, vi invito a leggere attentamente quanto da me riportato nell’allegato vocabolario. Il nostro dialetto non è difficile da scrivere, il mio consiglio è di soffermarsi un attimo prima di buttarlo sulla carta e noterete che sarà sempre più facile. Ogni tanto mi affaccio nel forum davolese e sansostenese e noto che parecchie persone tentano di scrivere il dialetto, con rammarico osservo che si ostinano a scrivere alla fine delle parole le vocali: O ed E, questo è completamente errato. Debbo far presente che, i sansostenesi della Marina hanno sempre avuto la pronuncia dialettale davolese in quanto in essa esistevano solo poche case e quindi più vicini ai davolesi della Marina. Invio un caro saluto a tutti i sanzostàri e davulisi del mondo e buona lettura!

Nella presenta guida ho omesso di includere le parole che in italiano ed in dialetto si scrivono nello stesso modo ed ho pensato di facilitare la lettura e la scrittura, accentando le relative vocali nel posto giusto della parola.

Il presente vocabolario è valido anche per i davolesi in quanto il nostro dialetto e quello di Davoli si somigliano moltissimo, pochissime eccezioni contraddistinguono il dialetto sansostenese e quello davolese e cioè: ìudru anziché idru e la pronuncia. Sono a disposizione di chiunque voglia sapere o chiedere qualsiasi delucidazione in merito.

In data da destinarsi è mia intenzione rimodernare questo vocabolario allegando allo stesso un CD affinché il lettore possa acquisire anche la nostra cadenza dialettale. Lo stesso lo arricchirò con la traduzione: dialetto, italiano, inglese e spagnolo.

Gregorino cav. Capano.
Trento - San Sostene lì 17 giugno 2005

4 Comments

  1. Procopio
    gentile Cav. Capano,<br />la stimiamo molto per l'attento e accurato lavoro di ricerca linguistica sui dialetti di s.Sostene e Davoli.<br />abbiamo qualche dubbio su una parola:CURRUGGIGGHJ.<br />Lei sostiene che si tratti di un tipo di pisello di cui si cibavano i più poveri, noi a Davoli, crediamo che si tratti solo di una erbaccia che non era usata per cibarsi ma veniva data in pasto alle bestie. Lei ha fonti che attestano il contrario?<br />La ringraziamo molto<br />I davolesi
  2. Procopio
    gentile Cav. Capano,<br />la stimiamo molto per l'attento e accurato lavoro di ricerca linguistica sui dialetti di s.Sostene e Davoli.<br />abbiamo qualche dubbio su una parola:CURRUGGIGGHJ.<br />Lei sostiene che si tratti di un tipo di pisello di cui si cibavano i pi๠poveri, noi a Davoli, crediamo che si tratti solo di una erbaccia che non era usata per cibarsi ma veniva data in pasto alle bestie. Lei ha fonti che attestano il contrario?<br />La ringraziamo molto<br />I davolesi
  3. Gregorino cav. Capano
    <strong>Curruggigghj</strong><br />Egregio sig. Procopio, 'i curruggigghj erano realmente dei piselli selvatici di forma un pà curva che noi infanti li mangiavamo per golosità e competitività fra noi ragazzi come gioco. Non conoscendo la sua età , non posso esprimermi diversamente. Pensi che ho un fratello del 1952 ed a lui erano estranei questi "curruggigghj". Logicamente erano gustosi e mangiabili quando erano giovani perchè teneri. <br />E' vero che è un'erba che cresce per terra e come tutte le erbe, le mucche le mangiano ed i suoi fiori sono gialli.<br />Lo stesso comportamento valeva per delle piccole radici bianche di sapore piacevole che li chiamavamo "porcedrùzzi", forse a Davoli venivano chiamati diversamente e si trovavano nei castagneti, Per estrarle dal terreno, usavamo dei legnetti appuntiti. Distinti saluti da Gregorino Capano e spero di conoscerLa per, eventualmente, darLe altre spiegazioni.
  4. Gregorino cav. Capano
    <strong>Curruggigghj</strong><br />Egregio sig. Procopio, 'i curruggigghj erano realmente dei piselli selvatici di forma un pà curva che noi infanti li mangiavamo per golosità e competitività fra noi ragazzi come gioco. Non conoscendo la sua età , non posso esprimermi diversamente. Pensi che ho un fratello del 1952 ed a lui erano estranei questi "curruggigghj". Logicamente erano gustosi e mangiabili quando erano giovani perchè teneri. <br />E' vero che è un'erba che cresce per terra e come tutte le erbe, le mucche le mangiano ed i suoi fiori sono gialli.<br />Lo stesso comportamento valeva per delle piccole radici bianche di sapore piacevole che li chiamavamo "porcedrà¹zzi", forse a Davoli venivano chiamati diversamente e si trovavano nei castagneti, Per estrarle dal terreno, usavamo dei legnetti appuntiti. Distinti saluti da Gregorino Capano e spero di conoscerLa per, eventualmente, darLe altre spiegazioni.

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