Calafrica, termine che rimanda ironicamente alla vicinanza culturale tra la Calabria, e in generale tutto il Sud Italia, e l'Africa, è uno spettacolo che contiene in sé diversi mondi sociali, filosofici, espressivi, uniti tutti da un unico filo conduttore: una profonda riflessione autobiografica sull'esperienza del viaggio dentro sé e fuori da sé alla ricerca-scoperta della diversità del volto degli altri, dell'accettazione, della ricomposizione, attraverso la narrazione, di un vissuto ai margini della crisi identitaria e della crisi collettiva.
Ecco, pertanto, come Calafrica sia il frutto della volontà di dar voce, attraverso la musica, la danza e il racconto, al sentire di quanti hanno vissuto il trauma-rivoluzione della migrazione, dell'alienazione del percepirsi come diversi lontani dai luoghi di appartenenza. Appartenenza, appartenere, cosa significano poi veramente? Consapevolezza della propria identità in relazione all'ambiente di riferimento: e quando l'ambiente non è più lo stesso, cosa accade? Si può vivere senza appartenere a null'altro che ai solchi della propria esperienza in tutta la loro problematicità e complessità fuori dal tempo e dallo spazio?
Fuori dalla logica della fissità e della stasi...fuori dai confini dello stereotipo, non a caso caricaturizzato e reso comico, al di là dell'eurocentricità del punto di vista sulla quotidianità del dramma della partenza....Calafrica tesse di respiro e pathos, energia e intimità, silenzio e movimento, la narrazione di un pezzo di vita che appartiene a molti, che molti non possono dire e che deve arrivare a molti...
Figure di donne si alternano sul palco per raccontare questo viaggio tra la Calabria e l’Africa, due paesi che si incontrano riscoprendosi diversi ma simili, lontani ma molto vicini, uniti, appunto da un senso universale di umanità.
Tra le vari figure di donne troviamo una donna calabrese che vive a Milano; un' africana migrata in Calabria; una calabrese che fa un viaggio in Africa; e, soprattutto, Nonna Peppina, donna realmente vissuta durante gli anni terribili dell'occupazione fascista, la quale, lascia traccia di sé e della sua numerosa famiglia in un diario che ne racconta le avversità in tutta la semplicità di una donna del Sud migrata a Milano.
Ad arricchire il racconto diversi scatti, momenti di emozioni e ricordi di un viaggio in Burkina Faso.
( durata 50 mn circa )
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Manuela Valenti
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