1.Nella festa dell’esaltazione della Croce, il Santo Padre Benedetto XVI fa alla diocesi di Cosenza e a tutti i fedeli della Calabria, un dono altissimo, beatificando la Venerabile Serva di Dio Elena Aiello, che ebbe sempre i suoi occhi fissi sul Crocifisso, sorgente della sua fede, della sua speranza e della sua straripante carità. E’ la prima volta che un tale rito viene celebrato in terra calabra.
E’,quindi un evento storico,di grande rilevanza sia spirituale, perché presenta ai fedeli calabresi una figura esemplare di santità cristiana, sia culturale, perché i giorni e le opere dell’Aiello edificarono la terra calabra con una testimonianza evangelica eroica. Dalla croce di Gesù la Madre attingeva energie sempre nuove per espandere il suo sguardo compassionevole verso tutti i bisognosi, che per lei non erano persone anonime, perché rispecchiavano il volto sofferente di Cristo.
Sono tre le caratteristiche più rilevanti che la Lettera Apostolica del Papa sottolinea nella figura della nostra Beata: la fondazione della Congregazione delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo; l’esperienza della ‘’via minima’’verso la santità proclamata dal Vangelo;e,infine, la mistica partecipazione al Mistero Pasquale, di morte, risurrezione e redenzione.
2.La Congregazione fondata dalla nostra Beata inizia nella povertà più assoluta, ma anche nella fiducia più grande della divina Provvidenza, che non le fece mai mancare le sue benefiche sorprese. Cito solo alcuni dei numerosi esempi, veri fioretti di sapore evangelico.
In casa, un giorno, venne meno il pane e non c’erano soldi per comprarlo. Senza scoraggiarsi, Madre Elena si mette a recitare l’Ufficio della Madonna. Ed ecco, alla seconda pagina del libro, spunta fuori un biglietto di cinquanta lire. Riconoscente per il dono inaspettato, chiese al Signore di confermare con un segno la provenienza provvidenziale di quella banconota. La sera di quello stesso giorno, alla stessa pagina, la nostra Beata trova un altro biglietto di cinquanta lire. Era la risposta alla sua grande fiducia nell’ aiuto divino.
Per i bambini poveri e bisognosi, Madre Elena fu una madre tenera e misericordiosa. Ammirando e imitando a livello pedagogico San Giovanni Bosco, la Madre comprende che l’educazione è una questione di cuore. Per questo usa una carità senza limiti con i piccoli. Un giorno, salva un bambino che sta per finire sotto le ruote di una carrozza. Con il piccolo imbraccio chiede in giro di chi era quel bambino di circa due anni. Si sente rispondere: <<Suora, portatevelo, non ha nessuno. I genitori sono morti e nessuno se ne prende cura>>. La madre lo prende con se, lo educa, lo istruisce e prega incessantemente San Giovanni Bosco di aiutarla a trovare una degna sistemazione dell’orfano. Un giorno le si presente una distinta signora che, avendo perduto il suo figlio dodicenne, chiede di adottare quel bambino.<<Ecco la mamma che viene da lontano>>, dice Madre Elena al fanciullo che così trova una famiglia e un futuro sereno.
Madre Elena non dosava mai la carità, soprattutto verso i più discoli e i più poveri. Tra lei e i piccoli bisognosi sembrava esserci una sintonia perfetta. Educandoli, viene ella stessa educata, perché i bambini le insegnano come praticare i valori dell’infanzia spirituale, quei valori che l’hanno resa semplice, mite, pura di cuore.
Mossa dalla carità infinita del Crocifisso la Beata Elena Aiello scelse per il suo Istituto il motto Charitas, come ideale li vita, di apostolato e di santificazione delle figlie spirituale. La disponibilità ad accogliere e aiutare i piccolo, i poveri, i bisognosi le fa superare ogni difficoltà. All’inizio della sua opera, la madre usa il baule della biancheria personale per riposare di notte. La sua stanza viene lasciata a disposizione di alcune ragazze e i lettini vengono riservati ai più piccoli. Alle suore ripeteva spesso di avere un occhio particolarmente benevolo per tutti i bambini, soprattutto i più discoli, i più infelici e i più poveri.
Quando durante la seconda guerra mondiale Cassino fu bombardata Madre Elena accoglie trentasei profughi tutti dai dieci ai sedici anni, offrendo loro vitto e alloggio gratuitamente. Ospita anche un bimbo, affetto da un male contagioso,sistemandolo nella sua camera per paura che potesse recare danno agli altri piccoli. A chi le faceva notare che la sua carità era esagerata, ella rispondeva che i poveri, i disagiati e i sofferenti erano i migliori amici di Gesù e che facendo del bene a loro si amava concretamente il Signore. La nostra Beata era anche conosciuta come la mamma delle piccole abbandonate. Il 13 giugno del 1931, sulla soglia dell’Istituto di Madre Elena fu lasciata una neonata. La piccola era nata fuori del matrimonio e nel cesto c’era solo un bigliettino con il nome:Anna Barbara. Tempo dopo, la mamma naturale venne a riprendersi la sua figliola diventata ormai grande. Dopo qualche anno, quando Anna Barbara apprese dai giornali la notizia della morte di Madre Elena, venne a Cosenza a vegliare la sua salma e a piangere colei che le era stata mamma per tutti gli anni della sua gioventù. La stessa carità accogliente e materna Madre Elena esercitò nei confronti di un papà, che tornato dalla Russia, dove era stato prigioniero, le affidò tre creature,in tenera età, avvolte in pochi sudici stracci. Lei accolse subito le piccole e le aiutò a crescere sane e istruite.
Fra i prediletti della Madre c’erano anche gli sfortunati per i loro difetti fisici, come Giuseppe, una creatura sgraziata con un occhio sfondato e un naso bitorzoluto, che faceva spavento alle ragazze. La madre lo invitava spesso a pulire il cortile, non tanto perché si riprometteva un lavoro ben fatto, quando più tosto per dargli una elemosina, senza farlo vedere. Così una certa Costantina, con il viso penosamente deformato da una grave malattia, aveva ricevuto dall’autorità sanitaria l’ordine di non circolare in paese. La poveretta, però doveva vendere le uova per mantenere la sua famiglia. Madre Elena pregò le autorità di permettere a Costantina di recarsi al suo Istituto. Così, due volte la settimana, quando la donna arrivava, le veniva servita la colazione col caffè e col dolce. Ritornava poi a casa sempre con qualche dono. Alle suore, che le facevano notare che le uova potevano essere comprate a un prezzo inferiore rispondeva:<<Poverina, lasciatela campare;così guadagna qualcosa di più per i suoi bambini>>. E poi aggiungeva:<<Se voi non farete così quando muoio io nessuno vi guarderà in faccia vi crescerà l’erba d’avanti alla porta! Dovete essere generose, gentili, garbate; Dovete saper capire>>.
Di fronte a questa straripante bontà il popolo non può fare a meno di chiamarla la “monaca santa’’. La persona della Beata Elena richiamava subito la mitezza e la misericordia di Gesù:<<Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore, ed io vi ristorerò>>(Mt 11,29). << Dobbiamo- ripeteva la Aiello- attirare tutti a Gesù con la nostra testimonianza di vita semplice, umile e gioiosa>>.
La santità della Fondatrice, il numero sempre crescente delle Suore e la notevole espansione delle opere ottennero dalla Santa Sede, nel 1948 l’approvazione dell’ Istituto delle Minime della Passione, come Congregazione di diritto pontificio.
La Madre, oltre allo sviluppo delle sue opere educative ed essenziali, che costituirono un efficace e concreto aiuto all’elevazione culturale, sociale e spirituale delle giovani calabresi, si fece anche educatrice della sua famiglia religiosa. Ella concentra la sua spiritualità attorno a tre pilastri: l’umiltà, come abbassamento di sé e semplicità di vita; la carità, come servizio disinteressato ai bisognosi; il sacrificio, come dono incessante delle proprie forze per il regno di Dio.
3. La seconda caratteristica che il Santo Padre rivela nella virtuosità eroica della nostra Beata è la via “minima” della santità. E’ evidente qui l’impronta di San Francesco di Paola, conterraneo di Madre Elena e fondatore dell’Ordine dei Minimi, e di Santa Teresa del Bambino Gesù. La Madre viveva, testimoniava e insegnava a essere semplici e serene, affrontando le difficoltà quotidiane con fortezza e spirito di sacrificio. Le sue opere le voleva sveglie e svelte. Soggetti timidi e indecisi non avrebbero saputo resistere alle dure esigenze della vita consacrata del suo Istituto.
Per lei la via minima della santità era fondata sul sacrificio doloroso ma meritorio dell’obbedienza religiosa, eseguita senza se e senza ma. Alla Suora che una volta le disse di non essere in grado di fare una determinata obbedienza,rispose di obbedire e basta. Un giorno ingiunge a una giovane suora di prepararsi per l’esame di abilitazione a giugno. All’obiezione della religiosa, che le faceva notare che mancava appena un mese alla prova, la Madre ribatté: obbedisci e affidati alla Provvidenza. La Suora studia giorno e notte, dà l’esame e lo supera. La Madre commenta che anche se la Suora non fosse riuscita a superare l’esame, era già una bella vittoria l’aver obbedito.
Madre Elena aveva un intuito particolare per individuare le difficoltà di qualche sua figlia a fare determinati servizi, e per questo glieli imponeva come esercizi di mortificazione e di obbedienza. Il carisma della Passione non doveva diventare una parola vuota. E’ la prova più concreta che si camminava lungo la via minima della santità era un’obbedienza piena di fede, libera, pronta, lieta. Bastava un biglietto della Madre e si partiva per un’altra casa, in un altro paese, per lavorare e fare del bene al prossimo. Una telefonata e si tornava a Cosenza per riprendere il posto di prima.
Ma la via minima delle sue Figlie spirituali non doveva essere fonte di tristezza ma di letizia. Le sue Suore dovevano essere gioiose, disinvolte, dignitose, modeste. Voleva che cantassero spesso, associarsi al Magnificat di Maria nella lode al Padre misericordioso, al Figlio crocifisso e risorto e allo Spirito Santo datore di ogni grazia e dono perfetto.
4. Pur rivestita di serenità umana, la via minima della spiritualità della Beata Elena è pur sempre del rinnegamento di sé, la via dell’umiliazione, la via crucis come partecipazione alla passione e all’annientamento del nostro Redentore, che umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte in croce (cf. Fil 2,8). Le Suore Minime dovevano comprendere che erano spose di un Dio crocifisso.
Madre Elena ne era un esempio convincente. Durante tutta la sua vita, fu gratificata con stimmate e fenomeni mistici, che la resero concretamente partecipe alla Passione redentrice di Gesù. Per avere sempre il cuore e la mente fissi sul Crocifisso, dispose che tutte le suore ogni giovedì sera passassero un’ora in adorazione del Santissimo, a ricordo dell’agonia del Getsemani :<< Rivivere la passione del Salvatore nel tormento del corpo era, in fondo, anche un viverla più continuamente nella Messa e nella Comunione quotidiana, che riceveva sempre con indicibile emozione, come se ognuna fosse una nuova scoperta>>.
5. Cosa ci dice oggi la Beata Elena Aiello? Anzitutto ella richiama le sue figlie spirituali e tutti noi all’impegno della santificazione. Madre Aiello – così come San Francesco di Paola e altri testimoni valorosi del Vangelo vissuti nella vostra terra- ci confermano che anche in Calabria è possibile vivere il Vangelo in grado eroico, è possibile, cioè, farsi santi. E la Calabria, la vostra splendida terra, ha bisogno della bellezza spirituale dei Santi. In Madre Aiello- ha scritto il vostro Vescovo nel messaggio in preparazione alla beatificazione- vengono esaltati i tratti distintivi della calabresità: il coraggio di osare nel fare il bene, la tenerezza e la costanza della donna forte, il pieno abbandono alla volontà di Dio.
+
In secondo luogo la Madre ci invita alla concretezza della carità. La carità cristiana non è termine vuoto, senza contenuto ma si rende visibile e tangibile nei fatti e nelle opere buone. La carità si manifesta nell’esempio e nella testimonianza della vita buona dei cristiani.
In terzo luogo, Madre Aiello ci ricorda che sono stati anche- e forse soprattutto- i Santi a fare l’Italia unita, con la loro attività assistenziale ed educativa, creando istituzioni di protezione dei piccoli, degli orfani, degli emigranti. Madre Aiello agì non dilapidando beni e ricchezze altrui, ma pagando di persona. Fidando nella divina Provvidenza, fondò istituti, costruì scuole, edificò case di accoglienza per i bisognosi.
A cinquant’anni dalla sua morte, oggi, nel giorno benedetto della sua Beatificazione, da tutte le case dell’Istituto presenti in Italia, Canada, Svizzera, Brasile e Colombia si eleva un canto di lode e di gratitudine al Signore per la glorificazione di Madre Elena, figlia illustre della nobile terra di Calabria, modello eccelso di vita consacrata. Fissando Cristo Crocifisso, la nostra Beata ha riempito il suo cuore di amore, e fondendo su tutti il buon odore dell’immensa carità di Dio.
+ Angelo Card. Amato, SDB