C’era una volta il Sud

di Eduardo Meligrana
Sarà per il tunnel tra il Gran Sasso e la Svizzera del Ministro Gelmini, sarà per la non certo spiccata autorevolezza del Governo B., ma la Commissione europea cancella il Corridoio Ferroviario 1 Berlino – Palermo, convertendolo in quello Helsinki – La Valletta. Vengono così modificati non solo i “capolinea” dell’Europa, ma l’asse di scorrimento delle persone e delle merci, tagliando fuori dallo “sviluppo strategico europeo” Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, compresa la madre di tutte le grandi opere, sbandierata urbi et orbi: il ponte sullo Stretto di Messina.

 Una figuraccia per il Governo B. L’ennesima. Una disdetta, ora che il lievito della crescita sarebbe stato il “Decreto sviluppo” (basato proprio sulle infrastrutture) d’impostazione keynesiana, made by Giulio Tremonti. A fronte della gravità per l’Italia dell’eliminazione del Corridoio 1, emerge in tutta evidenza la scriteriata, stupefacente nonchalance del Governo B. che continua vacuamente a discettare di centralità delle infrastrutture, di piani per il Sud e di investimenti miliardari.
La Commissione Ue, infatti, in sede di bilancio pluriennale 2014 – 2020, ha indicato senza esitazione la direttrice Helsinki – La Valletta come asse principale di collegamento del Continente, eliminando tutto ciò che è al di là di Napoli. Da Napoli, deviando verso Bari, con una nuova “autostrada del mare” – si raggiungerà Malta. Un percorso di 450 miglia marine, dieci volte in più di quelle tra Pozzallo (RG) e La Valletta.

Nella versione precedente, il Corridoio 1 rappresentava il core network dello sviluppo europeo, riconoscendo carattere strategico all’Italia (Decisione Ue 884/2004). Inserito nei 30 progetti prioritari, componeva la rete Ten – T (Trans European Network) tra Berlino, Monaco (Brennero, compreso) Verona/Milano, Bologna, Napoli, Reggio Calabria/Gioia Tauro (con il primo porto del Mediterraneo per il transhipment, in fase di costante arretramento), Messina, Catania (con lo scalo portuale di Augusta) e Palermo. Le schede del Bilancio europeo, “A Budget For Europe”, sono chiare, non lasciano spazio ad incertezze. Tra pagina 54 e 64 parte II, viene illustra la revisione della rete Ten – T, mettendo nero su bianco la nuova linea di investimento. Il taglio del “corridoio” non è, però, un colpo di mano dell’Ue. Si fonda su un’articolata documentazione. Il “Governo dei migliori” non ha compreso o ha sottovalutato l’enorme portata della vicenda per l’Italia e per il suo futuro. A rischio la proiezione del Paese e della stessa Europa nel Mediterraneo. Le proposte dell’ Ue, così fatte, andrebbero a colpire non solo le leggendarie grandi infrastrutture – quali il ponte di Messina – ma soprattutto quelle piccole opere, magari a contenuto tecnologico, quelle manutenzioni che hanno “ricadute economiche e occupazionali più favorevoli”, come ricorda dalle pagine del “Fatto” Marco Ponti, Professore di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano. Oltre al danno, si fa strada anche la beffa. Dall’analisi dei fatti, l’ipotesi che il Governo B. abbia saputo e non sia intervenuto non è affatto campata in aria. Il dubbio è legittimo. Nessuna protesta ufficiale si è registrata, nemmeno quando, a giugno 2011, i documenti Ue sono diventati pubblici.

Il Working document dello staff della Commissione porta la data del 19 gennaio 2011. L’Executive Agency del Ten – T stanzia un milione di euro per uno studio sulla “nuova visione del corridoio Adriatico”. Persino dal Parlamento italiano si levano voci allarmate che cadono nel nulla. Il 14 aprile del 2011, trenta deputati di ogni schieramento rivolgono un’interpellanza urgente al Governo (la 21046). Rappresentati dal deputato Pdl Alessandro Pagano, in un’aula deserta, vengono espresse “reali” preoccupazioni per la variazione strategica dei collegamenti europei. Serafico interviene il Sottosegretario alle Infrastrutture Bartolomeo Giachino: “Le voci sono infondate”, dice senza dubbi. Pagano replica, pugnace: “Lo sanno tutti, tranne voi”. Ora si cerca di correre ai ripari con un forcing diplomatico, anche attraverso le Regioni. Si cerca il compromesso con l’Ue. Il Governo B. intanto annuncia un nuovo piano per il Sud, dopo quello del novembre 2010, di cui si cerca ancora traccia. Manlio Rossi Doria, nella prefazione ai suoi “Scritti sul Mezzogiorno”, affermava: “La discussione sui mutamenti della realtà meridionale e sulla revisione delle politiche che la riguardano è oggi più aperta che mai. Saranno i giovani a riprenderla e portarla avanti”.

Lo Svimez ha appena certificato l’aggravarsi della situazione socio – economica al Sud Italia, parlando di tsunami demografico. Proprio i giovani scappano dal Sud. Nemmeno Rossi Doria poteva immaginare la “cultura del nulla” che porta allo spopolamento.

Le politiche europee non saranno più uno strumento per alimentare la crescita, complice il sistema delle classi dirigenti meridionali, che hanno smesso da tempo di immaginare lo sviluppo del sud come il principale oggetto della crescita possibile in Italia.

(fonte: finanzaecomunicazione.it)

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